Pubblicazioni

 

 

 

Sto consumando l'ultima casa

 

 

L'autrice Franca Fabbri

 

 

L’opera di Franca Fabbri affronta dunque una tematica complessa e articolata che forse è entrata nel pensiero dell’uomo ancora ai primordi della sua storia. Ma, naturalmente, oltre ad un modo drammatico di percepire la fine, esiste un modo pacificato per affrontare “la consumazione dell’ultima casa” terrena e riflettere sul momento finale, sul gran verdetto che ci grava dalla nascita.
Franca è poetessa di levità, anche di ironie e, pertanto, non poteva affrontare questa tematica se non attraverso le corde della sua sensibilità che sa sorridere anche della signora in nero che rapisce, sovente senza avvertire.» (dalla Prefazione di Narda Fattori)

Franca Fabbri è nata a Rimini. Ha svolto attività di insegnante a Milano e a Rimini. Vive a San Mauro Pascoli (FC). È Accademica Pascoliana e Membro dell’Accademia “Le Tre Castella” (Repubblica di San Marino). Pubblica articoli di attualità, storia, costume, piccoli saggi su riviste letterarie e giornali. Appassionata di Storia dell’Arte, si occupa di pittura e pittori. È presente in antologie poetiche, cataloghi d’arte, poster, pubblicazioni turistiche. Ha ricevuto premi e segnalazioni per poesie e racconti.
Sue pubblicazioni: Il Re fioraio (poesie), Longo Editore, Ravenna, 1997; Molecole di poesia tra antica pittura e vecchie parole (poesie e dipinti), Studio Stampa, Repubblica di San Marino, 1999; L’Albero del Melograno (poesie), Longo Editore, Ravenna, 2000; Donne. Vita Amore Passione (poesie e racconti), Raffaelli Editore, Rimini, 2003; A tavola, il girotondo della vita (narrativa-saggistica), Raffaelli Editore, Rimini, 2007.

 

Prefazione

Quando Giovanni, nell'Apocalisse 22,13, fa dire al suo Cristo: "Il sono il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega, l'Inizio e la Fine, l'Origine e il Punto d'arrivo", doveva in qualche modo aver capito che in natura esiste una sorta di "finalismo", di "ricapitolazione intelligente delle cose". Non era, la sua, l'esagerazione di un visionario, la boutade di un mistico.

La morte è l’altra faccia della vita ed è anche di più, sia perché conclude  un viaggio terreno di cui si ha la piena consapevolezza, sia perché oltre la morte c’è un mistero che solo le religioni hanno disvelato; un prosieguo dell’esistenza in altra forma e parvenza, in altro stato di benessere o malessere o di privazione totale di ogni qual sorta di sensazioni.

 La morte ha qualcosa di paradossale: pur essendo uno dei momenti più significativi nella vita di una persona, perché la conclude e perché intorno ad essa il pensiero ha elaborato riflessioni e rappresentazioni a non finire, non è traducibile in alcuna esperienza, eppure  è inscritta nel destino stesso della nascita.

Ci soccorrono nella riflessione anche i filosofi di ogni tempo: “ Ancora, si ricordi, che il futuro non è né nostro, né interamente non nostro: onde non abbiamo ad attendercelo sicuramente come se debba venire, e non disperarne come se sicuramente non possa avvenire. (Epicuro, Opere, Einaudi, Torino, 1970)

L’opera di Franca Fabbri affronta dunque una tematica complessa e articolata che forse è entrata nel pensiero dell’uomo ancora ai primordi della sua storia. Ma, naturalmente, ad un modo drammatico di percepire la fine , esiste un modo pacificato per affrontare “la consumazione dell’ultima casa” terrena e riflettere sul momento finale, sul gran verdetto che ci grava dalla nascita.

Franca è poetessa di levità , anche di ironie e , pertanto, non poteva affrontare questa tematica se non  attraverso le corde della sua sensibilità che sa sorridere anche della signora in nero che rapisce , sovente senza avvertire .

Il libro è diviso in due sezioni che testimoniano la duplicità del suo sentire di fronte all’inevitabile; nella prima sezione la morte è trattata con leggerezza e ironia, non con distacco s’intenda, ma con riflessioni e visioni di forte intensità ma sdrammatizzate, anche nelle situazioni più controverse e dolorose.

E’ con poche icastiche riflessioni poetiche che si apre: la morte di Eluana Englaro  alla quale , lei inerme, è stata condotta scatenando opinioni divergenti e risse ideologiche, sicchè le “ è stato concesso morire più volte.”

Ma ancora lo sguardo vigile del poeta coglie il controverso comportamento umano nei confronti della morte che può diventare uno spettacolo, una fiera delle vanità o una giusta ricompensa ad una vita di lavoro attorno ad essa. Alcune poesie ricordano Edgar Lee Master e la sua “Antologia di Spoon River” per alcune irriverenze, ma qui la visione e la riflessione appartiene sempre all’autore che non affida a nessun altro messaggi e moralismi: sul sagrato “ Tale la gioiosa sorpresa/ nel rivedersi/che anche il morto/ è contento.” E anche, tuttavia: “ Scoprire/ che nella stanza/ destinata alla nascita/ l’inquilino,/ senza possibilità di sfratto,/ era la morte.”; “Voci e passi di estranei/ “sconsacrano una tomba”; “ …./ lei dormiva / laggiù / sola,/  e aveva freddo.”

Franca Fabbri nutre i suoi versi di grande compassione e di umana pietas; pur attenendosi ad un registro quotidiano raggiunge le profondità del sentire. La sua morte è minuscola , ma inevitabile e impietosa.  Come Cardarelli sente la poesia come sostanza, idee, concetti, situazioni poetiche, piuttosto che come puro linguaggio e rimane fedele a tale impostazione. Ne dà ulteriore dimostrazione con l’ultima poesia di questa sezione “Sassi”.

I sassi collocati sulle tombe degli ebrei vittime dell’Olocausto, sono un memento della crudeltà dell’uomo verso l’uomo o sono un memento che esso, l’uomo , viene dalla polvere , da essa è stato forgiato e ad essa tornerà?

Ma subito Franca riporta a sé la poesia che si spinge alla riflessione sulla morte del fratello: due sassi, perché?

Forse testimoniano nascita e morte, o luce e ombra , le contraddizione della vita, il percorso esistenziale compiuto nell’onestà consapevole.

La seconda sezione dell’opera tocca l’intimità della morte, la propria e quella dei propri cari; ancora una volta è poesia di conciliazione, quasi una constatazione che , pur foriera di dolore, non si nutre di angosciosi drammi. Da credente, l’avvicinarsi del congedo lascia sì dei rimpianti ma è necessitato dall’essere vissuti.

 Certo , a differenza di Cardarelli che nella poesia Alla deriva scriveva: «Ora la mia giornata non è più / che uno sterile avvicendarsi / di rovinose abitudini / e vorrei evadere dal nero cerchio. / Quando all’alba mi riduco, / un estro mi piglia, una smania / di non dormire. / E sogno partenze assurde, / liberazioni impossibili. / Oimè. Tutto il mio chiuso / e cocente rimorso / ……..” ella dice : Svegliarsi/ al cader/ di una foglia./ Morire/ è / così.

La lezione cristiana è ben presente; ricordiamo le parole di Sant’Agostino: "Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace. "

In questa parte sono chiamati a testimoniare padre e madre, amati tutti, in una fila di cornici che si allunga; ma la poetessa  si chiede: “ A chi lascerò le mie fotografie? Dolente domanda eppure dice anche che “ogni giorno/recito le prove / della mia morte/ ma il gran finale / è sempre / della vita.” La morte  può sconfiggere una vita, forse tante , ma al conteggio finale sarà sempre la vita a risorgere , a vincere il contrasto.

Il silenzio separa i viventi dai morti: essi più non hanno voce se non quella che viene loro prestata dal ricordo; siamo molto lontani dall’ideale sottostante “I Sepolcri” di Foscolo.

Così in una immaginaria possibile morte, pur da credente, chiede di poter portare con sé le cose care per rendere meno doloroso il distacco , per annodare il filo fra vita e morte, fra certezza e mistero.

Ma soprattutto l’ultima poesia che ha nuovamente un titolo “Ritornare”  e una colta epigrafe, intrisa di amorosa pietà, ed è quanto auspica per il fratello a cui è dedicata, ma soprattutto è quanto auspica per sè nel momento fatale: rivedere i luoghi noti, le meraviglie della natura , le persone vive come “le ragazze profumate d’amore/ e i vecchi, nella piazza; e ancora la porta di casa, il compagno amato che l’insegue e infine la pace della terra benedetta.

Ancora una volta ci trattengono su questa terra le cose note e amate, là dove si andrà si spera “terra benedetta”, il favore del cielo.

Narda Fattori

 

Recensioni

 

"LA SIGNORA IN NERO"
 

La poetessa Franca Fabbri presenta il suo libro dal titolo "Sto consumando l'ultima casa"


L’elegante universo di ricordi e sensazioni di Franca Fabbri torna alla ribalta con la presentazione al pubblico dei versi di "Sto consumando l'ultima casa" (Fara Ed.),domenica 28 febbraio, alle 17, presso l’Enoteca "Uva Nera" (via Matteotti 4, San Mauro Pascoli.
Opera che affronta una tematica complessa e articolata come quella della morte.
“Ma Franca Fabbri - ricorda nella prefazione Narda Fattori – è poetessa di levità, anche di ironie e, pertanto, non poteva affrontare questa tematica se non attraverso le corde della sua sensibilità che sa sorridere anche della signora in nero che rapisce, sovente senza avvertire”.
Con il gusto e la capacità, dice l’autrice, di saper fare tesoro delle proprie letture, di pensieri, versi, dialoghi di film, qui inseriti direttamente nel testo poetico (da Hesse e Byron a Molina), o a cui ci rimanda con i suoi versi, da Lee Masters (“Il vecchio marmista”), Fellini (“Nella nebbia”), Brassens (“Il funerale del bosco”), alla Barbery de “L’eleganza del riccio”.
L’esigenza di scavo e ricerca interiore, specie nel ricordo, diventa anche poesia “civile” per soffermarsi sul tema della morte, così rimosso dalla contemporaneità. I versi effondono un senso di commozione e umana pietà, come in “Comunicati per Eluana”, di sgomento per il diffondersi di un senso forte di autodistruzione, specie nei giovani, del cosiddetto “spettacolo” della morte, della violenza personale (“Stupro”) e contro l’umanità,come in “Sassi”, versi franti e sintetici, sottolinea, per ricordare le vittime dell’Olocausto.
Nella seconda parte l’autrice torna al prediletto tema pascoliano della consolazione nel ricordo, ma efficace chiosa dell’intera raccolta appare il suo incipit ancora pascoliano da ’L’ultimo viaggio (Calypso): “Non esser mai! non esser mai! più nulla. / ma meno morte, che non esser più!”,

Marcello Tosi - Corriere di Romagna - 28 febbraio 2010

 

Ciao Franca,

ho letto d’un fiato il bel librino “Sto consumando l’ultima casa”.

Premetto che d’acchito, avevo apprezzato il titolo e la veste grafica - nel suo piccolo- del volumetto.

Ma ho apprezzato ancora di più il linguaggio scarnificato, l’asciuttezza delle tue mini-liriche, i rimandi colti.

Ha ragione Narda, balza agli occhi la tua “levità”. Col tempo  si è fatta sempre più raffinata.

Non di meno, in alcuni passaggi iniziali, hai sfiorato  il tema della morte col sorriso, con un sense of humour direi  quasi “inglese”.

Poi ritorni ad un tono che riconosco più facilmente e che ricorda  i tuoi precedenti lavori; insomma, ti “identifica”..

Nonostante l’argomento che tutti indistintamente  esorcizziamo, chi con gli scongiuri quanto meno mentali , chi con  altre modalità ben più colorite, le pagine sono leggere eppure sentite nel profondo. Condivisibili da chi vive la vita con la certezza che merita di essere vissuta sempre.

Complimenti.

 Susanna Calandrini

responsabile Ufficio Cultura/Biblioteca San Mauro Pascoli

 

LEGGENDO " STO CONSUMANDO L'ULTIMA CASA"

La lettura è gradevole, coinvolgente e accetto da subito il gioco che l'autrice, l'amica Franca, mi propone e direi mi impone.Salire nel pensiero,nel sentimento e nelle immagini, alla conquista della dimensione poetica, che è oscillante e al tempo stesso di valore totale e assoluto. per poi adagiarmi insieme a lei, nella posizione del cantore, del poeta di fatto, scendere elasticamente al linguaggio quotidiano, addirittura giocoso. Come dire: mi allontano da me e da voi, per tornare, con più adesione, a voi e a me stessa.
Quale oggetto preciso di conquista ci offre, mi offre mentre leggo, questo viaggiatore poeta? Offre oggetti grandi, autentici oggetti-dono. Ossia, tutto quello che conta nella vita, fino alla morte, iniziando la propria narrazione dalla morte stessa. Culmina la sua offerta quando mi fa trovare sotto gli occhi e fra le mani, con fresca e ingenua ironia, con garbata malizia intellettuale, questi versi di pag.42: "Non m'importa/ del pianto delle campane/ delle ore sepolte/ delle candele spente./ M'importa solo/ dell' immortalità/ dell'anima".
Finalmente, io penso, ci si decide a parlarne cordialmente dell'anima, così fra amici, persone capaci di creare battute, sintesi, sulle proprie meditazioni. Franca Fabbri dunque è lirica quanto basta per la musicalità, tragica per la partecipazione piena al dolore, infine comica per raggiungere il giusto distacco e rendere il gesto comunicativo. Una espressività poetica completa, che circonda, si è già detto, l' uomo, la vita, lo spazio infinito, il tempo eterno. E' un' operazione riuscita, non perchè l' eternità si lasci circondare, ma perchè l' ansia e l' anelito in questo senso, trovano forma e canto.
Un apparente piccolo libro questo, dove si dà corpo a una lezione classica, secondo cui un fratello forse scomparso, mancato, resta ombra vagante fra le altre. Dove parlano coloro che diedero affetto e non sono più. Dove le cose si dilatano, dove continuamente la voce singola si fa corale e viceversa.Un apparente piccolo libro sulla morte, che inietta vita.

ALBERTA BIGAGLI

Associazione ABBI' -Psicologia e parola poetica
Firenze - febbraio 2010

 

Sto consumando l'ultima casa di Franca Fabbri

La raccolta poetica di Franca Fabbri che reca come titolo Sto consumando l’ultima casa è un tesoro prezioso agli occhi del lettore: restituisce l’immagine vera di una pietas et humanitas da troppo tempo assenti nella società contemporanea. L’umana memoria è debole; a volte gli uomini non vogliono ricordare i grandi dolori per non vedersi sfiorire quelle gioie, già poco durature, che l’esistenza offre. Sono poche le gioie, tante le sofferenze del quotidiano, perché lasciarsi prendere dal dolore?
C’è una epigrafe apposta sopra la lapide di un grande teologo e filosofo del XVI secolo: “UT MORIENS VIVERET VIXIT UT MORITURUS” nella Chiesa di San Domenico Soriano a Solofra (AV). Sembra questo il filo conduttore della tanatologica raccolta della Fabbri. Vestita d’ironia la nostra compagna di stanza non ci abbandona. Ci lascia l’unico scampo imprevedibile: restare nella memoria attraverso la parola poetica.
Illuminante, e insostituibile, è la prefazione di NardaFattori: “Franca Fabbri nutre i suoi versi di grande compassione e di umana pietas; pur attenendosi ad un registro quotidiano raggiunge le profondità del sentire”(pag. 9). E a pag. 11: “Ancora una volta ci trattengono su questa terra le cose note e amate, là dove si andrà si spera terra benedetta, il favore del cielo.”
Bastano queste semplici frasi per aprire la “stanza” dove dimorano gli spiriti cari alla Nostra poetessa.
Divisa in due sezioni, la plaquette poetica, ha nella prima parte riferimenti alla quotidianità, all’esecuzione dell’esistenza con tutti i suoi orpelli; le dolorose soste nei luoghi della sofferenza; l’immagine della Natura che si svela all’uomo quasi ignaro, oggi, degli eventi che nel bosco si rinnovano: “La pioggia lavava / tronchi, rami, rovi, / come si fa con i morti, / prima della sepoltura”(pag. 36). Chi conosce la Morte conosce le stanze della vita. Come molti grandi poeti la Nostra poetessa guarda dalla sua stanza la grandezza dello spettacolo naturale e la pochezza dell’essere umano: “Solo gli uomini / s’attardano / sotto il lenzuolo/ a prendere confidenza / con la morte” (pag. 37).
Più forti sono i registri dell’organo poetico utilizzati nella seconda parte della raccolta. Forti di vivida fragilità di fronte alla morte dei propri cari, delle immagini affioranti dalle foto come testimoni dei tempi buoni, dei tempi consumati, delle poche gioie che l’esistenza offre a chi un cuore porta veramente nel petto come seconda anima assetata di Umanità: “Nella mia vecchia casa / ho anche la stanzina dei morti”(pag. 53). L’accostamento alla poesia di Giovanni Pascoli è forte, realizzata appieno è l’immagine della purezza eterna di quel “fanciullino” che guarda stupito le meraviglie del Creato e del suo farsi giornaliero. Come pure la fiducia nella Fede e nella Poesia quali uniche armi per superare la ferocia del dolore tutto umano. Compaiono metafore e analogie. Accostamenti sintattici e assonanze. Ossimori e metonimie. Come nei versi della poesia a pag. 57 che sembrano riportare alla mente i versi della poesia L’Aquilone di Pascoli: “Non vedrò più gli occhi di mia madre / seguirmi ovunque andassi. / Non vedrò più il corrucciato viso / di mio padre, / carico d’anni, / non 'accettare' la morte.”
E il richiamo è anche nella stupenda immagine della poesia Ritornare dedicata al fratello quando riprende la scena sempre della poesia, citata, del Pascoli “ti pettinò co’ bei capelli a onda / tua madre… adagio, per non farti male”. E nei versi pag. 61: “È da allora / che mi stupiscono, / ad ogni primavera, / i fiori ritornati a sbocciare.”
Ricorrenti sono le anafore per accentuare il cammino che l’essere umano sembra scegliersi ma che in fondo è guidato verso l’ultima casa, quando ci si ravvede, dalla nostra compagna di stanza, che non ci ha mai lasciati da soli.
La poetica della Fabbri richiama la vita nella sua perfetta forma di dono, dei talenti offerti da fare fruttare, per essere riconsegnati alla Natura che li ha concessi a noi, per il nostro cammino, che si completa in quello degli altri. Credo che i versi più belli da utilizzare per concludere, momentaneamente, l’anabasi di questa raccolta possano essere presi in prestito, ancora, dal Pascoli: “E tu, Cielo, dall’alto dei mondi / sereni, infinito, immortale, / oh! D’un pianto di stelle lo inondi / quest’atomo opaco del Male!”(X agosto)

recensione di Vincenzo D'Alessio

 

ROMAGNA  ARTE  E  STORIA

"STO CONSUMANDO L'ULTIMA CASA"  RACCOLTA  DI  FRANCA  FABBRI

        L'  ULTIMO  CONFRONTO  COL  DESTINO

Sulla morte il pensiero ha elaborato riflessioni e rappresentazioni a non finire, non è traducibile in alcuna esperienza, eppure è inscritta nel destino.

Franca Fabbri, insegnante e scrittrice,scrive testi sempre molto interessanti, sia che si occupi di storia, raccontando aspetti sconosciuti delle donne della  famiglia Malatesti, sia che, in modo intelligente, si occupi di alimentazione e poesia (abbiamo recensito su queste pagine il suo volume " A  tavola, il girotondo della vita", Raffaelli, Rimini 2007).

Adesso esce l'ultima fatica poetica di Franca Fabbri, con un titolo molto suggestivo:

" Sto consumando l' ultima casa" (Fara Editore, 78 pagine, 12 euro).

Il tema di questo libretto agile e ben costruito anche dal punto di vista grafico è uno di quelli eterni, forse il più antico a disposizione della riflessione umana: la morte. Scrive  Narda Fattori nella prefazione dell'opera: " La morte ha qualcosa di paradossale: pur essenso uno dei momenti più significativi nella vita di una persona, perchè la conclude e perchè intorno ad essa il pensiero ha elaborato riflessioni e rasppresentazioni a non finire, non è traducibile in alcuna esperienza, eppure è inscritta nel destino stesso della nascita". La fine dell'esistenza terrena non è condivisibile, perchè anche se noi possiamo osservare da fuori il triste fenomeno, non sapremo, fino al momento supremo, che cosa essa sia, ammesso che esista, cosa su cui ad esempio il filosofo Seneca dubitava.
Il tema della morte è fra i più drammatici della contemporaneità, e con intelligenza poetica Franca Fabbri esordisce con  Comunicati per Eluana : " I giudici hanno deciso che, dopo diciotto anni, deve morire. / Molti che non deve morire. / Dio non ancora. / Altri che è colpevole di non essere ancora morta. / Comunicato finale: Ad  Eluana è stato concesso di morire più volte".
Si tratta di una composizione molto profonda, perchè mette in piena luce il fatto che, oltre al dramma personale di Eluana, c'è stata, pirandellianamente, un' Eluana in ognuno di noi, e per ognuno di noi quella morte ha rappresentato un confronto con un destino che cerchiamo di evitare e ci aspetta. La riflessione sulla morte è riflessione sulla morte nel suo aspetto sociale, come si legge in  Spesso: "Spesso il nome del morto/passa/ di bocca in bocca/ più che durante / la vita".
Molto commovente la seconda parte del volume, in cui l' autrice dà spazio ai "propri" morti, ai legami che paiono interrompersi e invece, misteriosamente, perdurano. Questa è dedicata alla nipotina Benedetta, morta a otto anni di leucemia, ed è così bella  e struggente che merita di stare a sè, senza altri commenti: " Non facevo caso/ ai soliti autunni ingialliti/ ai lividi inverni ingravidati dai semi./ Fino a quando/ un inverno troppo lungo, / giunto ai tepori primaverili,/ non si portò via "il fiore più bello". E' da allora / che mi stupiscono, / ad ogni primavera,/ i fiori ritornati a sbocciare".

Paolo  Turroni        -  "La Voce "      -    29 marzo  2010

 

IL VESCOVO DI RIMINI

S. Pasqua 2010

Gent.ma Signora Franca,

mi ha fatto piacere ricevere il suo libro " Sto consumando l' ultima casa ", la ringrazio di cuore.
Pensare e scrivere sull' argomento della morte e del morire può essere una buona opportunità per riflettere sul senso del tempo e per approfondire e valorizzare la preziosità di ogni momento della vita. Mi complimento con lei per la capacità e l'originalità con cui tratta il tema cruciale che riguarda la vita di ogni uomo, ma soprattutto per la sensibilità e la dolcezza con cui si intrattiene con i suoi cari scomparsi. Mi è parso bello intravedere , sullo sfondo, l' arcobaleno della speranza cristiana. Il Signore risorto le conceda di penetrare a fondo il mistero della risurrezione e di viverlo in tutta la sua profondità, così come ce lo presenta la liturgia.
Mentre ricambio cordialmente gli auguri di Buona Pasqua, la saluto con grande stima.

Francesco Lambiasi

 

STO  CONSUMANDO  L'ULTIMA  CASA

(FARA  EDITORE, RIMINI, 2010)

Nè di mestizie nè tantomeno di lamentazioni si vestono queste liriche di Franca Fabbri. Eppure Sto consumando l'ultima casa è una silloge nella quale personaggio fondamentale è la morte. Che, notoriamente, è evento definitivo e senza scampo; qualcosa di ineluttabile che ci segue pervicacemente come un'ombra sin dalla nascita. Quindi - sembra dirsi l'autrice- tanto vale accettarla quanto una qualsiasi compagna di viaggio. Silenziosa, certo, ma comunque in grado di lasciarci qualche saggio inequivocabile avvertimento. Magari quando  "passeggia lungo i corridoi/ degli ospedali,".

La raccolta è divisa in due parti. Nelle quali l'autrice mostra altrettanti modi di porsi di fronte alla morte. L'avvenimento è sempre lo stesso, ma visto con ottiche diverse. E la scelta non è casuale, anzi. Perchè la " signora in nero" non la si vede quasi mai con lo stesso abito. Nella prima parte essa è trattata infatti con una certa levità, quasi con riguardo, a volte anche con un tocco di arguzia:

"Spesso il nome del morto/passa/ di bocca in bocca più che durante/la vita". Talora il piglio può assumere toni pungenti, senza però mai cadere nella presa di posizione violenta. E' il caso dei "Comunicati per Eluana" nei quali alla Englaro, per una serie infinita di dispute etichettate come ideologiche, "è stato concesso di morire più volte".

Nella parte seconda l'autrice ha un approccio molto più personale con la morte, approccio che si fa esplicito e tangibile come mai prima. I defunti, ora, hanno un nome e un volto. E perfino un luogo dove possono idealmente tornare a mostrarsi. E' "la stanzina dei morti" ubicata, già da tempo ormai, nella vecchia casa, quella che Franca Fabbri sta inesorabilmente consumando. Un luogo solo suo. Dove può "riparlare" con le persone che ha amato e che tuttora ama, come se fossero ancora vive e presenti. Dove, dichiara, "Ogni giorno/ recito le prove/ della mia morte,/ma il gran finale/ è sempre/ della  vita".

Morte e vita si rincorrono nel circuito esistenziale, avvicendandosi senza soluzione di continuità. E la francescana  "sorella morte corporale" può, in fondo, non esser temuta più di tanto. Come ha esemplarmente imparato a fare l'autrice di questo libro.

Orio Zaccaria         " La  Nuova Tribuna  Letteraria "  -  maggio 2010  

 

Franca  Fabbri presenta  " Sto  consumando l'ultima  casa "

SULLA  SOGLIA,  ANCORA  POESIA

Il  15  maggio  a  San  Marino

di  Lorella  Barlaam

 

"Sto consumando l'ultima casa" scrive Franca Fabbri, nella plaquette con questo titolo appena uscita da Fara Editore. E continua: "Dopo, una fresca pittura mi cancellerà". Nel libro la poetessa-scrittrice

riminese affida alla consueta tessitura di versi lievi e ironici un senso grave, che li rende profondi serbandone la trasperenza. E' la morte che affronta. Che non è una sola. Sono mille le impercettibili  morti nel nostro quotidiano, dalla fine degli amori ai traslochi agli addii. C'è la morte di cui facciamo esperienza, la morte degli altri, cerimonia rito strazio spettacolo solitudine interrogativo. Mentre la Morte, la propria, è l'autentico, inconoscibile e indicibile. Si può sospettarne l'essenza d'istantanea cesura, lo "svegliarsi/al cadere di una foglia/", ma resta affidata all'immaginazione: un'epifania. I versi della prima parte di "Sto consumando l'ultima casa" appartengono al lato più "esterno" della morte, quello rivolto a chi resta. Su questa soglia, Franca Fabbri sgrana il suo rosario di piccole e grandi morti, pubbliche e private. Poi la attraversa. La citazione di Giovanni Pascoli che introduce la parte seconda non a caso è "La buona novella", possibilità di rinascita sempre presente, seme luminoso. E la morte forse è allora un "Ritornare", come nei versi scritti in morte del fratello, estremo rito funebre, formula di liberazione che scioglie dal vincolo del passato e del futuro e consegna a quel presente che è l'eternità.

Il libro, in vendita nella libreria Luisè di Rimini, sarà presentato presso il Centro Sociale Dogana di San Marino, In Piazza Tini, sabato 15 maggio, alle ore 17.

Per l'occasione, Franca Fabbri inaugurerà la Mostra di Pittura di Mirna Guiducci, che resterà aperta dal 15 al 28 maggio ( dalle ore 9,30 alle 12,30 - dalle 16,30 alle 18) sempre presso il Centro Sociale.

" Chiamami Città "  - Rimini  -  5 maggio  2010

 

FRANCA  FABBRI, "STO  CONSUMANDO  L'ULTIMA  CASA" (Fara Editore, Rimini 2010)

Sto consumando l’ultima casa di Franca Fabbri è una raccolta assolutamente coesa, tutta strettamente imperniata sul tema della morte, introdotta a mo’ di epigrafe dall’explicit dell’Ultimo viaggio di Ulisse, dai Poemi Conviviali di Giovanni Pascoli, e licenziata con un’ode dedicata al fratello che dell’esperienza di Odisseo ha condiviso la morte lontano da casa. Della letteratura sul tema del ritorno, questa lirica al fratello scomparso recupera memorie bibliche di estrema bellezza evocando, della parabola del figliuol prodigo, la voce del padre che riabbraccia il figlio che torna e ingiunge ai servi di rivestirlo a nuovo per fare festa reintegrandolo con tutti gli onori al rango di figlio – mettetegli vestito e scarpe nuove -: l’esperienza più decisiva della vita è avvicinata nella speranza, nutrita di fede cristiana per cui la morte in ultima istanza diventa un ritorno. Sto consumando l’ultima casa  è anche una raccolta che intorno al tema della morte mette insieme l’esperienza della vita intera e gli affetti che l’hanno fondata. E, senza cedere mai al sentimentalismo, rischio connaturale all’argomento, non di rado, nonostante l’asciutto dettato, la parola di Franca Fabbri può strappare qualche lacrima al lettore, almeno in prima battuta. Della morte esamina razionalmente ogni aspetto, minuziosamente: l’eutanasia, il suicidio, i diversi tipi di morte, i modi e i tempi, il prima e il dopo, le oscure avvisaglie, l’attesa della visita ultima in una corsia d’ospedale, il funerale visto dagli occhi di chi interviene per l’estremo saluto, la casa vuota…, e anche l’esperienza degli amori finiti vissuti come estrema perdita…Le due parti su cui si dispone la silloge organizzano i testi su due punti diversi di osservazione: dall’esterno e dall’interno.  Il punto di sutura è nell’ultimo testo della prima parte: Sassi, sul significato del dolore, testimonianza per i vivi lasciata ai vivi, dell’inutile sofferenza che l’uomo causa all’uomo, i sassi che vengono posti a testimonianza della sofferenza sul sepolcro degli ebrei vittime dell’Olocausto e che l’autrice ha trovato, forse deposti dai figli, sulla tomba del fratello al quale è poi dedicato il componimento di explicit della raccolta. Secondo un criterio di coerente simmetria, anche la seconda parte inizia con un testo tratto dai Poemi Conviviali del Pascoli, La buona novella (in Oriente): una lettura del Natale altamente drammatica e al tempo stesso di universale speranza. Giovanni Pascoli non è solo il poeta che ha vissuto tutta la vita nel trauma della perdita e sotto la minacciosa nube dell’oscura presenza ma è anche il poeta di casa per chi vive in Romagna, un autore che non si può in alcun modo eludere, con il quale non è possibile non incontrarsi da vicino, prima o poi, in particolare per chi abita a pochi chilometri da San Mauro Pascoli come Franca Fabbri. Altre voci e altri autori attraversano il libro, o perché citati o perché accostati per allusione ma in questa familiarità col Pascoli le soste avvengono nel segno della fedeltà alle esecuzioni alte sul comune tema della signora in nero. Ora, però, da tutti e ciascuno degli approcci o avvicinamenti, la voce di Franca Fabbri deduce, elaborata al filtro della sapienzialità biblica e nutrita al tempo stesso all’evidenza di natura antropologica, una propria oggettiva e profondissima massima, agghindiamo /imbellettiamo / il morto / per un appuntamento / d’amore, di sentire dickinsoniano per cui la morte è vissuta come appuntamento d’amore.

ANNAMARIA  TAMBURINI    ( luglio  2010 )

 

Bose. 29 Luglio 2010

Gentilissima Franca Fabbri,

la ringrazio per Sto consumando l'ultima casa che ho ricevuto con grande piacere e collocato con ogni cura nella mia biblioteca personale, e per le sue immeritate parole per la mia povera persona.
Le auguro pace, serenità, luce.
Continui a vedere grande e guardare lontano, l'alba non tarderà.
Con sincera cordialità,

Enzo Bianchi

(Priore di Bose - Scrittore)
 

 

 

DA " IL PONTE " RIMINI - 14 NOVEMBRE 2010

POESIA, FRANCA FABBRI

SORELLA MORTE CORPORALE
COMPAGNA DI VIAGGIO E DI LIRICHE

Al centro della sua ultima silloge c'è la morte. Ma le sue liriche non sono nè meste nè lamentose. Franca Fabbri preferisce con questo suo " Sto consumando l'ultima casa" (FARA EDITORE) accettare francescanamente "sorella morte" come compagna di viaggio.
La raccolta è divisa in due parti, nelle quali l'autrice mostra altrettanti modi di porsi di fronte alla morte. Nella parte seconda l'autrice ha un approccio molto più personale con la morte. Per questa silloge la poetessa riminese ma sammaurese d'adozione ha ricevuto il PREMIO "POSEIDONIA-PAESTUM".

 

 

 

DA    "  IL  PONTE "   -  RIMINI -    28  NOVEMBRE  2010

QUELL'  ULTIMA  CASA  CONSUMATA  IN  VERSI

LA  MORTE  E'  LA  PROTAGONISTA  DELL'ULTIMO, ISPIRATO LIBRO

                                       DI  FRANCA   FABBRI

Che cos'è la morte? Questa è la domanda che riecheggia nel libro di Franca Fabbri dal titolo "Sto consumando l'ultima casa"(Fara Editore), insegnante e poetessa riminese che grazie alla sua sensibilità tenta di guardare da vicino la morte. Nonostante il tema così forte e angosciante, la scrittrice, grazie alla sua naturale ironia e uno spiccato senso dell' humor, riesce a trattarlo in maniera originale. Racconta una morte che oggi, più di ieri, tutti noi conosciamo per mezzo dei media: non mancano il complesso caso di Eluana, le forme di suicidio, gli stupri, gli spettatori di fronte a un incidente mortale, le morti dei più giovani. Una memoria, la sua, fotografica, che induce chi legge a creare un' immagine davanti ai propri occhi. E' brava nel mettere appunto visioni sarcastiche della signora in nero: "Penso che l' importante non sia morire,/ma che cosa succede nel momento in cui si muore./ Dicono che si riveda tutta la nostra vita./ Bene, / il cinema mi è sempre piaciuto." Sempre fedele a uno spaccato quotidiano della morte, l'autrice non dimentica mai la compassione e la pietas cristiana, soprattutto quando tratta della morte dei suoi cari, come di sua madre e suo padre: qui ritorna tutta la dolcezza di una figlia che piange i suoi genitori. Senza clamori o drammi, Franca Fabbri tocca con una scrittura asciutta e priva di fronzoli, la grandezza della morte di fronte a noi piccoli uomini. Lo stesso vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, leggendo il libro, ha scorto in lei l' originalità con cui tratta il tema cruciale che riguarda la vita di ogni uomo, ma soprattutto scorge la sensibilità e la dolcezza con cui si intrattiene con i suoi cari scomparsi. Nella Fabbri è ben presente la lezione cristiana che lo stesso Sant' Agostino ricorda: " Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace". Ed è questa pace antica, quasi primordiale, che si respira nel libro: nessun rancore o dolore perpetuato ma solo quello della mancanza terrena alla quale prima o poi verrà resa giustizia. "Quando si spegne la tua immagine/ negli occhi dell'amato,/ chi muore veramente?". In questo caso c' è tutta la debolezza dell' uomo che, rimasto solo, non sa come continuare la sua esistenza: quando il dolore per una morte è lancinante come si riesce a sopravvivere? La speranza è ancora una volta la mano del Signore, la sua spalla e il suo amore.                                                                                             MARZIA   CASERIO

 

 

 

 

“L’ultima casa di Franca Fabbri”
Scritto da Fabbri Filippo
Martedì 14 Dicembre 2010
Letture Mensili – La Gazzetta del Rubicone



Il filosofo Epicuro aveva liquidato la questione in poche righe, destinate a passare alla storia: “quando ci sono io non c’è lei, quando c’è lei non ci sono io”. Il soggetto al centro della citazione è la morte. Oggi si direbbe un modo politically correct per sbrigare la faccenda, quasi un gioco di parole per uscirne in maniera brillante. In realtà le cose non stanno proprio così. Ce lo ricorda la poetessa Franca Fabbri nella nuova raccolta 'Sto consumando l’ultima casa' (Fara Editore, 2010, pp. 76, euro 12,00). È una fortuna che sia uscito questo libro. Un po’ perché la Fabbri ritorna al suo 'primo' amore, qual è stata da sempre la poesia, dopo un girovagare negli ultimi anni per altri generi narrativi. Un po’ perché ritorna a un tema forte, da tempo al centro della sua riflessione. Non so se per questioni anagrafiche, vicende di vita o per la particolarità dell’argomento, fatto sta che uno dei fili che attraversa tutta la sua opera sta proprio nella domanda ultima della nostra esistenza. Domanda a cui la Fabbri decide di non sottrarsi, andando addirittura oltre. Il classico argomento da 'maneggiare con cura', per lei è un modo per accostarsi con leggerezza (non banalità, si badi bene) e soprattutto attraverso l’ironia, lontano da piagnistei e drammatizzazioni di cui si nutre il nostro quotidiano televisivo. Il suo è un punto di vista che non si abbandona al freddo razionalismo, e nel contempo non volgarizza l’unico dato certo della nostra esistenza, ovvero la nostra fine. “Franca è poetessa di lievità, anche di ironie – scrive Narda Fattori nella prefazione – e, pertanto, non poteva affrontare questa tematica se non attraverso le corde della sua sensibilità che sa sorridere anche della signora in nero che rapisce, sovente senza avvertire”.
Due le sezioni del volume, entrambe introdotte da brani tratti dai “Poemi Conviviali” di Giovanni Pascoli, il poeta della sua terra. Non mancano i riferimenti all’attualità come nel caso di Eluana Englaro. A un fiume di dichiarazioni e polemiche, politiche e morali, sulla pelle di una povera e inerme ragazza, la Fabbri scrive: “Ad Eluana, è stato concesso di morire più volte”. Mai verità era stata così amara.

 

 

 

Su Sto consumando l'ultima casa di Franca Fabbri
recensione di Nicoletta Verzicco

Ciò che rimane


Desidero iniziare a dipanare i miei pensieri su Sto consumando l’ultima casa con la chiusa di Non ho nessuno con la quale la poetessa esprime magnificamente il concetto di ciò che rimane: “Mi è rimasta ancora una fotografia. / Uno scatto a vuoto. / Sono io: / ormai, un’ombra...”

Ciò che rimane sfida la Morte e non è la sfida di un impudente, ma il vissuto stesso a sollecitarLa in un confronto; la vita calda, profumata, intensa si palesa provocando la Signora che strappa i cuori di chi è giunto alla fine del proprio cammino. Quei cuori però, hanno pervaso con il loro caldo e intenso pulsare le mani di chi li abbracciati, accarezzati, amati e ostinatamente continuano a vivere.
È il senso dell’accettazione della Morte, il non vivere in funzione di essa o nella sua attesa che ne determina di conseguenza il rispetto e Franca Fabbri ne è cosciente palesando nella sua poesia, in contrapposizione all’Inseguitrice, la luminosità acciecante della vita: “Ogni giorno / recito le prove / della mia morte, / ma il gran finale / è sempre / della vita”.
Leggendo questa sua creazione ci si sofferma a pensare, si sorride, ci si rattrista, in una commistione di sentimenti così veri che è impossibile non sentirli nostri.
La Morte legge queste righe, accanto a noi si sofferma e le parole della poetessa possono, in alcuni momenti, farla apparire quasi come nostra ‘amica’, rendendoci consapevoli che ci accompagna dal primo vagito.
Ci appare chiaro, nel susseguirsi delle pagine, che c’è morte in ogni cosa, in ogni sentimento, in ogni azione, in ogni tipo di vita e proprio di questo noi spesso ci dimentichiamo, scordandone le ‘sensazioni’ più disparate: “il silenzio, / dopo la neve, / immobile, / come la morte.”
Si manifestano i ricordi, in maniera preponderante, con le immagini della mente, con le fotografie, nei profumi che li hanno intrisi e nelle tinte che li hanno colorati.
Nonostante la memoria si difenda dalle morti con pervicacia alimentata dall’amore per la vita, in alcuni momenti il dolore è costretto a ripulire la pellicola invecchiata che lo ricopre ravvivandone l’intensità: “...mi stupiscono, / ad ogni primavera, / i fiori ritornati a sbocciare.”
Nonostante la Morte sia primadonna nell’opera, essa non è vincente, suo malgrado non lo è, ciò che rimane vince su lei.
Chissà se “consumando l’ultima casa” si riesca a trovare la traccia del senso della vita di ognuno di noi per accettare a testa alta la Morte, sia essa un’ ‘Illusione’, una ‘Constatazione’ o una ‘Delusione’.

 

 

 

Settembre 2011 - Poesie "Sto consumando l'ultima casa"

Il Prof Emilio Spedicato, matematico, scrittore, studioso ed esperto di multiformi discipline mi scrive: "Ho letto il suo volumetto di poesie sulla morte, delicate e profonde".